Dollaro ancora super: ma Trump è davvero d'accordo?

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Continua il rafforzamento del dollaro nei confronti dell’euro, con la divisa americana spinta al rialzo dai dati sulla crescente inflazione e dalle parole di Janet Yellen, che ha ricordato la necessità di alzare presto i tassi di interesse. Di fatto, le parole della Chairwoman della Fed hanno in qualche modo evidenziato una direzione differente rispetto all’attendismo messo in campo nell’ultimo meeting del Fomc, il comitato della Banca centrale Usa che segue la politica monetaria statunitense.

Dal punto di vista tecnico 

Sul fronte operativo il cambio fra euro e dollaro è sceso sotto quota 1,06, ai minimi da un mese. La situazione appare abbastanza chiara: il trend di recupero dell’euro di inizio anno (che aveva riportato le quotazioni da 1,035 a 1,085) si è arrestato ad inizio febbraio, per poi invertire in modo abbastanza netto. Al tempo stesso il Dollar Index ha ripreso vigore, tornando sopra 100, fino a quota 101,50.

Per quanto riguarda l’euro dollaro ci troviamo pertanto ancora una volta pericolosamente vicino all’area supporto posizionata a 1,05. Il cambio potrebbe trovare un primo appiglio fra 1,05 e 1,048, storica concentrazione di volumi. Viceversa, in caso di ulteriori incertezze sul fronte politico europeo, la divisa americana potrebbe attaccare nuovamente i massimi raggiunti ad inizio anno, quando l’euro/dollaro toccò i valori più bassi degli ultimi 15 anni a 1,035 ed eventualmente puntare alla parità.

Attenzione però…

Ma non possiamo dimenticare una domanda che ci ponevamo mesi fa, che resta tuttora senza risposte. Come sarà possibile conciliare le ampie spese pubbliche preventivate da Donald Trump, in uno scenario di riduzione delle tasse con il dollaro forte? E soprattutto riuscirà il superdollaro a tener testa al neo protezionismo che il Tycoon vorrebbe imporre agli Usa ed ai mercati? In altre parole le politiche di Trump si basano sul riportare negli States le produzioni, promuovendo l’export e penalizzando l’import. Tutto ciò pare difficilmente realizzabile in uno scenario di dollaro eccessivamente forte. In altre parole un dollaro troppo forte sulla scena internazionale potrebbe essere un ostacolo per Trump nei confronti delle sue battaglia commerciali contro Messico e Cina, ma anche nei confronti di Europa e Giappone.

In questo scenario non possiamo dimenticare due ulteriori elementi.

Il primo sul fronte europeo: i recenti dati relativi all’inflazione del vecchio continente aumentano la pressione su Draghi per porre fine al Quantitative Easing della BCE. La BCE deve ancora rientrare dal QE, l’eventuale tapering o la completa interruzione del QE potrebbero rafforzare l’euro sui mercati.

Il secondo dall’altro lato dell’Oceano: la crescente inflazione sta aumentando le aspettative per il rialzo dei tassi (o meglio, per i tre rialzidei tassi attesi per il 2017 dalla Fed). Questo scenario ed i buoni dati macro, stanno spingendo al rialzo il dollaro. Attenzione però,  l’inflazione è un’arma a doppio taglio. La Fed può ben festeggiare il fatto di essere riuscita a scrollare il grafico della crescita dei prezzi dallo “zero” di inizio 2015. Come ben sappiamo però, l’inflazione e’ un’arma a doppio taglio.  Non deve essere ferma al palo (altrimenti si ricade nella deflazione), ma non deve superare il 2-3%. Nel caso in cui ciò dovesse accadere la Fed potrebbe trovarsi costretta ad inseguire l’inflazione, con dei tassi relativamente bassi se confrontati alla crescita dei prezzi. Questo è già capitato nei primi anni Duemila, in particolare fra il 2003 ed il 2007. Il risultato lo conosciamo e portò il dollaro a perdere oltre il 40% del suo valore.

La parità fra euro e dollaro, anche questa volta potrebbe essere non così semplice. E nel caso in cui venisse raggiunta potrebbe essere un’ottima occasione di acquisto sull’euro, Marine Le Pen e Movimento Cinque Stelle permettendo.


                                                       Grafico euro-dollaro, da Bloomberg

grafico euro dollaro