La ripresa dell'oro frenata dalla forza del dollaro

Le quotazioni dell’oro continuano a muoversi in modo nervoso, in attesa di una chiara direzione. Nella parte centrale di novembre sono nuovamente scese verso i 1.200 dollari l’oncia, salvo poi risalire a 1.220$. Nel complesso, la discesa dell’oro, pare aver in qualche modo ridotto la forza dei segnali positivi che il metallo giallo aveva lanciato in precedenza. L’oro, infatti, era salito sopra quota 1.210, uscendo dal canale laterale fra 1.180 e 1.210 dollari l’oncia, fino ad arrivare oltre quota 1.240$. Quando ormai la strada sembrava spianata per ulteriori rimonte, con potenziali target a 1.265 e 1.300$, le cose sono nuovamente cambiate ed il lingotto ha iniziato una pericolosa spirale discendente che ha riportato il prezzo dell’oro verso i 1.200$. La discesa del prezzo aureo, manco a dirlo, si è verificata proprio mentre il dollar index tornava a salire, ossia il dollaro si rafforzava. Di fatto ancora una volta i mercati rispettavano una tradizionale correlazione che vuole il prezzo dell’oro tendenzialmente in calo quando il dollaro si rafforza. Se il prezzo dell’oro è tornato a scendere, non si può dire che le cose siano andate meglio per l’argento, scivolato nuovamente a 14 dollari per oncia (prima di un nuovo rimbalzo per il fratello minore dell’oro verso i 14,50$).
Come facilmente ipotizzabile, vista la forza del dollaro, le quotazioni auree in sterline o in euro hanno accusato perdite decisamente minori. In altre parole l'oro ha funto in qualche modo da protettore del rischio per l'investitore europeo o britannico in merito alla svalutazione della moneta nei confronti del dollaro.
Cosa ha mosso al ribasso il prezzo dell’oro?
Le quotazioni dei metalli preziosi, partendo proprio
dall’oro, il bene rifugio per eccellenza non hanno tratto giovamento delle
elezioni di Midterm americane, che hanno sostanzialmente determinato un
rafforzamento del dollaro, aumentando la tensione ribassista su oro e argento. Almeno
da quanto emerge da una prima analisi, le elezioni di medio termine statunitensi
del novembre 2018 non hanno determinato particolari scossoni sui mercati
finanziari. Le borse, infatti, hanno accolto in maniera relativamente positiva
i risultati, in gran parte in linea con le attese. Il dollaro, dopo aver perso
terreno prima del voto, ha chiuso la prima ottava di novembre in gran spolvero,
anche per via dei report del FOMC, il braccio di politica monetaria della
Federal Reserve, che ha preannunciato altri rialzi dei tassi di interesse.
Proprio le aspettative per altri ritocchi al costo del denaro in un futuro ormai
vicino penalizzano l’oro, “reo”, agli occhi degli investitori di non pagare
cedola o dividendo. Sinteticamente, anche se varrebbe la pena esaminare più a
fondo il concetto, la detenzione di oro e argento risulta quindi implicitamente
più costosa in uno scenario di tassi alti. Inoltre, fra le cause che hanno
spinto al ribasso l’oro, possiamo annoverare il temporaneo allentamento della
tensione sulle borse. I ribassi di ottobre 2018, infatti, non hanno trovato
ampie conferme nella prima fase del mese di novembre, con gli operatori che
hanno accolto positivamente il voto americano. Una nota differente arriva invece dal settore degli ETF dell'oro, tornati in positivo (come confermato dai dati del World Gold Council, l'entità che coordina il mercato dell'oro) nel mese di ottobre, dopo quattro mesi consecutivi di fuoriuscita di denaro dal segmento degli ETF aurei.
La voglia di rialzo dell’oro fermata dal dollaro (per ora…)
Lo scenario complessivo risulta dunque dominato dalla
forza del dollaro, oppure, se vogliamo, possiamo presentare il quadro dell’oro
in maniera differente. Il metallo giallo parrebbe avere un una sorta di voglia
intrinseca di salire verso prezzi più alti, gli investitori lo stanno
monitorando con interesse, ma sono spaventati 1) dalla salita dei tassi
americani, attesa proseguire anche nel 2019 e nel 2020 e 2) dalla conseguente
forza del dollaro. Nel momento in cui gli investitori si dovessero rendere
conto che la Federal Reserve non fosse in grado di proseguire nel suo percorso
di rialzi dei tassi di interesse, oppure se le borse dovessero stornare con
maggiore consistenza di quanto visto nel 2018 lo scenario cambierebbe e l’oro,
verosimilmente tornerebbe al centro dei mercati.