Dollaro in rimonta sul forex market

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Il tema chiave sui mercati finanziari resta quello dei dazi, anche ora che sono note le varie percentuali a fianco di ogni paese. Quali saranno le tariffe? Si va dal 10% base, minimo per tutti, proseguendo con il 15% per l’Europa, il 25% per l’India, salendo al 35% del Canada, fino ad arrivare al 39% della Svizzera ed al 41% della Siria. Certo, chi lo sa se saranno davvero questi i numeri definitivi? Poi, andrebbero considerate esenzioni settoriali che verosimilmente abbasseranno questi numeri. Per l’Europa, a conti fatti, i dazi reali potrebbero essere fra l’11% ed il 14%. Il condizionale, però, è d'obbligo. Anche per gli analisti è difficile fare previsioni sia per le borse che previsioni per il mercato delle valute.

Dopo tanto - e forse troppo - ottimismo le borse hanno virato al ribasso, mentre è proseguito il rafforzamento della divisa americana, che ha così interrotto un lungo trend di indebolimento che durava ormai quasi da sei mesi. Operativamente il cambio euro/dollaro a inizio luglio era arrivato in area 1,18. Un mese più tardi lo troviamo ora in area 1,14. Ma lo scenario è simile su dollaro/yen, con il rapporto fra le due valute risalito oltre 150. La divisa americana ha ripreso terreno anche contro il franco svizzero, risalendo oltre 0,81, dopo i minimi delle scorse settimane.

La Federal Reserve sostiene il dollaro con tassi fermi

Fra le news di questi giorni troviamo la decisione della Federal Reserve che – per la quinta volta di fila – ha confermato i tassi di interesse al 4,50%. Una scelta che non è piaciuta a Trump, che ha nuovamente invaso il campo con insulti a Jerome Powell, governatore della Banca centrale americana.

Dal canto suo, Powell ha ribadito la possibilità che i dazi portino a nuove fiammate dell’inflazione. Da notare come il voto della Fed non sia stato unitario, con 2 membri su 11 a favore di un taglio ai tassi. Un doppio dissenso che non capitava da oltre trent'anni, precisamente dal 1993. Complessivamente, però, l’esito finale è netto, con una votazione chiusasi 9-2 che rimanda l’ipotesi di una sforbiciata al costo del denaro come minimo a settembre. Uno scenario che ha determinato la chiusura di alcune posizioni short contro il dollaro anche da parte di investitori istituzionali.

Va anche considerato il fatto che i tassi USA sono nettamente superiori rispetto a quelli di molti altri paesi (in primis Giappone ed Europa). Ciò fa sì che i trader che abbiano posizioni aperte contro il dollaro si trovino a pagare costi di finanziamento (swap) relativamente elevati se l’operazione si protrae nel tempo. Hanno quindi una certa fretta di portare a casa il risultato. Discorso diverso per chi è lungo (ossia rialzista) sul dollaro, con swap a favore.

Dollaro, oro e argento

La ripresa del dollaro ha in qualche modo frenato le velleità di nuovi rally di oro e argento. Il metallo giallo è tornato in area 3.300 dollari per oncia, mentre l’argento vale circa 37 dollari per oncia. Da notare come – per gli investitori europei – la ripresa del dollaro, apprezzatosi sull’euro, abbia ridotto il calo nominale. La quotazione di un grammo di oro fino supera ancora i 92 euro al grammo.