Italia: in Europa siamo tra i meno informati sul Risparmio

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Non è certo una sorpresa, ma l'esito di una recente ricerca della Banca d'Italia sulla preparazione finanziaria del Paese rappresenta comunque un campanello d’allarme sulla scarsa informazione nel campo del risparmio per la popolazione italiana, ben al di sotto di quella europea.

 A ribadire il concetto sono le Autorità di Vigilanza che sottolineano come oggi  siano necessari "livelli di alfabetizzazione finanziaria spesso superiori a quelli attualmente disponibili in larghi strati della popolazione".

Il "livello di cultura finanziaria degli italiani" è "tra i più bassi riscontrati nelle economie avanzate per adulti e studenti" come, con molta chiarezza, sottolinea il primo Censimento Nazionale delle iniziative promosse " per l'educazione finanziaria in Italia. Iniziativa sponsorizzata dalle Autorità di Vigilanza (Banca d'Italia, Consob, Covip e Ivass) unitamente al Museo del Risparmio e la Fondazione per l'educazione finanziaria ed al risparmio.

Il rapporto parla di una "documenta la frammentazione a favore della informazione". Molte delle iniziative messe in campo hanno raccolto "con un numero di partecipanti modesto", mentre "solo pochi programmi" hanno "previsto un significativo impegno economico". 

Il livello medio di preparazione è più basso nelle aree Meridionali del paese e nelle classi più anziane, per un lavoro di "alfabetizzazione finanziaria" dell'intera Italia che si preannuncia ancora lungo.

Il vicedg della Banca d’Italia, Luigi Federico Signorini segnala un’ulteriore carenza: "Non sono mancati gli sforzi di tutti, non mancano le iniziative, è mancato il coordinamento".


IL GRAFICO IN ALTO CI RACCONTA...

La Standard & Poor’s Ratings Services Global Financial Literacy Survey, condotta nel 2014 e diffusa nel 2015, ha mostrato che nel confronto internazionale gli italiani sono tra gli adulti meno preparati: solo il 37 per cento conosce almeno tre concetti di base tra inazione, tasso di interesse, capitalizzazione composta e diversicazione del rischio; la percentuale è inferiore alla media dell’Unione Europea, pari al 52 per cento, e al dato rilevato in tutte le altre economie avanzate (e in alcuni paesi emergenti)